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INFORIM

Edizione n° 11 del 08/08/2017

LA CONVERSIONE DEL D.L MEZZOGIORNO E LA PREGIUDIZIALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La tematica del criterio di ricerca delle sostanze pericolose in relazione alle voci speculari (CER a specchio) e, di conseguenza, il rapporto tra normativa nazionale e normativa europea e il rapporto tra dottrina e giurisprudenza è un tema bollente.

Il 1° agosto scorso il Ddl di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante“disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno"in attesa di pubblicazione, all’art. 9 la legge di conversione conferma la sostituzione della parte premessa all’introduzione dell’allegato D Elenco dei rifiuti del d.lgs n. 152/06, contenuta nel Dl.

Si ricorda infatti che la premessa introdotta dall'art. 13, comma 5, legge n. 116 del 2014, è stata così sostituita:

“1. La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER ed applicando le disposizioni contenute nella decisione 2014/955/UE e nel regolamento (UE) n. 1357/ 2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014, nonché nel regolamento (UE) 2017/997 del Consiglio, dell’8 giugno 2017”.

Il punto critico è che la nuova previsione si limita soltanto a richiamare la normativa europea e, perciò, non pone fine alla divergenza di opinioni che oscillano tra la tesi della disapplicazione della legge nazionale di fronte alla europea e quella della compatibilità (e coesistenza) delle norme nazionali con quelle europee.

Si crea ancora una volta una confusione interpretativa fra coloro che ritengono confermata la tesi dell'incompatibilità delle norme previgenti con la disciplina comunitaria e dall’altro coloro che sostengono che le nuove disposizioni abrogative non apportano nulla di diverso nel criterio di classificazione dei rifiuti, limitandosi a richiamare le norme comunitarie

Da qui il generarsi di argomentazioni antitetiche sull’esaustività delle analisi, onde stabilire quando un rifiuto classificato con codici CER speculari sia pericoloso (o non pericoloso).

Per di più sulla questione è anche intervenuta la Corte di Cassazione con ordinanza del 27 luglio 2017 n. 37460 che ha rimesso alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

  •  Se l'allegato alla Decisione 2014/955/UE ed il Regolamento UE n. 1357/2014 vadano o meno interpretati, con riferimento alla classificazione dei rifiuti con voci speculari, nel senso che il produttore del rifiuto, quando non ne è nota la composizione, debba procedere alla previa caratterizzazione ed in quali eventuali limiti
  •  Se la ricerca delle sostanze pericolose debba essere fatta in base a metodiche uniformi predeterminate.
  •  Se la ricerca delle sostanze pericolose debba basarsi su una verifica accurata e rappresentativa che tenga conto della composizione del rifiuto, se già nota o individuata in fase di caratterizzazione, o se invece la ricerca delle sostanze pericolose possa essere effettuata secondo criteri probabilistici considerando quelle che potrebbero essere ragionevolmente presenti nel rifiuto.
  •  Se, nel dubbio o nell'impossibilità di provvedere con certezza all'individuazione della presenza o meno delle sostanze pericolose nel rifiuto, questo debba o meno essere comunque classificato e trattato come rifiuto pericoloso in applicazione del principio di precauzione.

Per di più, la Corte prende anche una posizione attraverso la "requisitoria" del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Pasquale Fimiani.

“Non sembra, invero, persuasiva, la tesi secondo cui, ai fini della classificazione di un rifiuto come pericoloso mediante riferimento a sostanze pericolose, è in ogni caso necessaria una analisi quantitativamente esaustiva del rifiuto di modo che la somma algebrica delle porzioni analizzate copra una percentuale che, sommata a quella di concentrazione più bassa prevista per le varie sostanze pericolose, raggiunga nel complesso il 100% della composizione del rifiuto analizzato, con la conseguenza che, mancando siffatta analisi, opera una presunzione assoluta di pericolosità del rifiuto, mentre si ritiene preferibile, con le precisazioni che seguono, l’orientamento che esclude la presunzione assoluta di pericolosità del rifiuto in presenza di analisi quantitativamente non esaustive, purché sia fornita la prova da parte del produttore di aver svolto analisi mirate, sulla base di criteri oggettivi, verificabili, coerenti con la natura dei cicli produttivi e tecnicamente attendibili.”.

Difronte a questi dubbi non resta che attendere l’interpretazione ufficiale della Corte di giustizia europea. Quindi ci aggiorneremo appena possibile sulla questione.

Ringraziando per l'attenzione porgiamo cordiali saluti.