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INFORIM

Edizione n° 34 del 25/09/2015

LE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE AMBIENTALE.
RELAZIONI  CON LA NORMATIVA SULLA RESPONSABILITA’ DELL’IMPRESA E CON LA DISPOSIZIONE SULLA NON PUNIBILITA’ PER TENUITA’ DEL FATTO
LE CRITICITA’ DELLA NORMATIVA E  RISCHIE E OPPORTUNITA’
PER L’OPERATORE DELLA GESTIONE RIFIUTI

 

E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 maggio 2015, la legge n. 68 del 22 maggio 2015, contenente i nuovi “ecoreati”, entrata in vigore il 29 maggio, la quale comporta importanti ricadute nel settore della gestione rifiuti, sia perché introduce un nuovo Titolo VI-bis nel codice penale, composto da dodici articoli e dedicato per l’appunto ai delitti contro l’ambiente, sia perché si insinua anche nello stesso testo del D.lgs 152/2006 , aggiungendo una Parte VI-bis “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”, che, in sostanza, disciplina un procedimento di estinzione delle contravvenzioni.

MODIFICHE AL CODICE PENALE

La l. n. 68 del 22 maggio 2015 ha introdotto nuove ipotesi di reato nel Codice Penale, questo in linea con quanto previsto nella Direttiva 2008/99 CE sulla tutela penale.
Di seguito i nuovi reati introdotti:

  • Inquinamento ambientale;
  • Disastro Ambientale;
  • Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività;
  • Impedimento del controllo;
  • Omessa bonifica.

Questi nuovi reati si caratterizzano nel senso che:
si configurano per lo più come delitti di pericolo concreto o di danno;
richiedono la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo (salvo che nell’ipotesi dell'inquinamento ambientale e del disastro ambientale);
sono delitti e, pertanto, i termini di prescrizione risultano significativamente più lunghi di quelli previsti per le contravvenzioni in materia ambientale nel d.lgs. 152/2006.

Ecco una tabella riassuntiva di queste nuove figure di reato e relative sanzioni:

 

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AGGIUNTA PARTE VI-BIS AL CODICE DELL’AMBIENTE (ESTINZIONE PER I REATI CONTRAVVENZIONALI)

Inoltre la legge 68/2015 introduce delle vere e proprie novità nel Dlgs 152/2006, al quale viene aggiunta la Parte VI-bis, che disciplina un procedimento per l’estinzione  di contravvenzioni in essa previste mediante l’adempimento  delle prescrizioni impartite e il pagamento di una somma di denaro determinata a titolo di sanzione pecuniaria.

In sostanza per le ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal Dlgs 152/06, laddove le stesse NON abbiano cagionato danno o pericolo concreto di danno alle risorse ambientali o urbanistiche o paesaggistiche protette, è previsto un provvedimento che consente l’estinzione del reato nel caso in cui la violazione venga eliminata.


A titolo esemplificativo, questa parte VI-bis può applicarsi alle seguenti contravvenzioni del Dlgs 152/06:

  • esercizio di  AIA senza autorizzazione (art. 29-quttuordecies,c. 1);
  • violazioni gravi di prescrizioni contenute nell’AIA (art. 29-quttuordecies, c. 3 e 4);
  • modifica sostanziale di AIA senza autorizzazione (29-quttuordecies, c. 5);
  • gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256,c. 1)
  • abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte del titolare d’impresa o responsabile di ente (art. 256, c. 2);
  • discarica non autorizzata (art. 256,c. 3);
  • violazione delle prescrizioni autorizzato rie in materia di rifiuti (art. 256, c. 4)
  • miscelazione non autorizzata (art. 256, c. 4)
  • contaminazione del sito 8art, 257);
  • traffico illecito nelle spedizioni transfrontaliere di rifiuti (art. 259)
  • tutti i reati in materia di (co)incenerimento (art. 161-bis);
  • nel caso delle violazione delle normativa sull’aria: istallazione, modifica o esercizio di stabilimento senza autorizzazione per le emissioni in atmosfera o nel caso di superamento dei limiti di emissioni, omessa comunicazione degli autocontrolli, messa in esercizio senza preventiva comunicazione (art. 279 c. 1, 2, 3 , 4),
  • reati in materia di combustibili 8art. 296);
  • scarico non autorizzato di acque reflue industriali (art. 137,c. 1 e 2);
  • violazione dei valori limite nello scarico di acque reflue industriali (art. 137, c. 5);
  • violazione dei valori limite nello scarico di acque derivante da impianti di trattamento delle acque reflue urbane (art. 137, c. 6);
  • inosservanza delle disposizioni sulle acque di prima pioggia(art. 137, c. 9);
  • impropria utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché acque provenienti da aziende agricole, piccole agroalimentari (art. 137, c. 14);

Quindi, come si può vedere dall’elenco sopra, il ventaglio di applicazione di questo istituto che prevede l’estinzione dei reati (pur sempre condizionato all’ottemperamento di prescrizioni e pagamento di una somma di denaro) è molto ampio perché appunto comprende tutti i reati previsti dal codice ambientale puniti con la pena  dell’ammenda alternativa all’arresto.
Ciò  potrebbe apparire un agevolazione se non fosse che la valutazione che da tali reati non sia derivato danno  o pericolo di danno lascia un ampio spazio alla discrezionalità dell’ “organo di vigilanza nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria” (Autorità amministrativa competente). Quest’ultimo infatti dovrà subito valutare caso per caso, e a sua discrezionalità, se procedere con l’impartire le Fprescrizioni e la successiva richiesta di oblazione, oppure non ritenere il reato estinguibile e far procedere l’iter penale comunicando la notizia di reato al Pm.

 AMPLIAMENTO RESPONSABILITA’ EX LEGGE 231/2001

La legge 68/20, introducendo nell’ordinamento eco reati nuovi, ha disposto quindi l’inserimento nell’art. 25-undecies del Dlgs 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società…) dei sopra elencati reati di inquinamento ambientale, , disastro ambientale, delitti colposi contro l’ambiente,traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, e le aggravanti relative ai reati di natura associativa.

Viene pertanto ampliata anche la responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato ex 231, stabilendosi sanzioni pecuniarie addirittura più severe: da un minimo di 250 quote fino ad un massimo di 1.000 quote.

E poiché tali integrazioni alla legge 231 sono in vigore dal 29 maggio, di qui la necessità di intraprendere quanto prima la strada della revisione del modello organizzativo  e della formazione del personale dirigente e operativo in ordine alle procedure adottate in azienda per la prevenzioni di queste nuove fattispecie di reato.


CRITICITA’ DELLA NORMATIVA SUI DELITTI AMBIENTALI


Innanzi tutto la più grave ed evidente criticità sta nella mancanza di precisione nella descrizione delle fattispecie incriminate, dovuta all’abbondante impiego di termini vaghi ed approssimativi.

Ad esempio l’utilizzo di alcuni termini quali “compromissione o deterioramento significativi”, “ecosistema”, “eliminazione particolarmente onerosa dell’alterazione”, “provvedimenti eccezionali”, così come  l’espressione “abusivamente” impiegata nella previsione del reato di disastro ambientale,  rischiano di prestarsi ad interpretazioni estensive.

In particolare l’utilizzo dell’avverbio “abusivamente” pone davanti a pericolosi dubbi interpretativi: ma se si tratta di impianti autorizzati ne sarebbe sempre esclusa l’applicazione ? Questa interpretazione restrittiva (cioè di applicazione solo per le attività senza autorizzazione) sembra sia  stata comunque allontanata dalla dottrina che ritiene, riguardo a  tale avverbio, la fattispecie applicabile anche nel caso di comportamenti per i quali è necessaria l’autorizzazione (quando la stessa sia violata o magari è illegittima o inidonea allo scopo).

Lasciare così tutto in mano all’interpretazione degli organi di vigilanza o giudicanti risulta costituzionalmente inaccettabile per le gravi conseguenze che si avrebbe sulla certezza del diritto penale.

Non di ultima importanza è il fatto poi che, nel frattempo, ad aprile scorso è entrato in vigore il Dlgs 28/2015 che reca disposizioni in materia di particolare tenuità del fatto , che impattano anche esse in maniera contraddittoria sui reati ambientali.

INTERSECAZIONE CON LE NUOVE DISPOSIZIONI PENALI SULLA NON PUNIBILITA’  PER PARTICOLARE TENUITA’ DEL FATTO

Si ricorda inoltre che il nuovo art. 131 bis c.p. introdotto dal Dlgs 16 marzo 2015 n. 28  ha previsto disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Questo pone la necessità di una riflessione, perché se da un lato il legislatore ha voluto essere più severo nella materia dei reati ambientali con la suddetta legge 68/2015, dall’altro ha permesso uno spiraglio per la depenalizzazione dei reati minori contravvenzionabili.

Sorge quindi spontanea la domanda,”ma le contravvenzioni per reati ambientali possono essere non punite ?”

Per questo la Procura della Repubblica di Trento, è  intervenuta con la Circolare n. 4/2015 con la quale vengono fornite le prime riflessioni sulle disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis.

Si ricorda che la nuova norma prevede la possibilità di definire il procedimento con la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto relativamente ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero, la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva.

Si ricorda anche, a tal proposito, che questa fattispecie della non punibilità è una decisione fortemente soggetta alla discrezionalità del giudice e deve fondarsi essenzialmente su due criteri:

  • la particolare tenuità dell’offesa, che implica una valutazione sulle modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo;
  • la non abitualità del comportamento dell'autore (che non deve essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza, né deve trattarsi di condotte reiterate o abituali)

Pertanto la circolare della Procura interviene proprio per analizzare i casi di applicazione di tale fattispecie specificando, alle autorità di polizia giudiziaria preposte al controllo e all’applicazione delle sanzioni, l’effettiva applicazione di criteri di valutazione di cui sopra.

Parrebbe subito evidente , sulla base del primo dato che si riferisce ai reati per i quali è prevista solo la pena pecuniaria o anche congiunta alla pena detentiva non superiore ai cinque anni, la rilevanza che la disposizione assume per molti reati ambientali che rientrerebbero in queste più lievi fattispecie sanzionatorie, cioè per tutti i reati che rientrano in questi limiti di pena (tutte le contravvenzioni) ad eccezione (ovvia) dei reati quali l’ attività organizzate di traffico illecito di rifiuti (art. 256-bis) e una parte dei delitti contro l’ambiente per le quali si prevedono pene detentive più importanti.

Tuttavia va considerato che la condizione della corrispondenza della pena ai limiti sopra indicati costituisce solo  la prima delle condizioni necessarie per l’esclusione della punibilità , essendo infatti richiesti, congiuntamente e non alternativamente, la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento ( condotte plurime, abituali e reiterate).

Da ciò deriva difficilmente l’applicabilità ai reati  previsti dal Dlgs 152/06, la cui giurisprudenza ha riconosciuto diverse volte la condotta abituale per l’esercizio di attività di gestione rifiuti in difetto dell’autorizzazione.

Anche il concetto della “tenuità dell’offesa”  risulta, in sede di valutazione giudiziale,  particolarmente delicato nei casi di norme dirette alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’attività autorizzativa della P.A.

Tuttavia non è possibile stabilire aprioristicamente se e quando questa fattispecie agevolatoria sia applicabile ai reati ambientali, sarà invece necessario procedere alla valutazione dei singoli casi a discrezione dell’Autorità procedente e, appunto, lo scopo di tale Circolare è quello di guidare tecnicamente l’esame e la valutazione delle varie condotte.

Positivo è invece l’orientamento che la Procura esprime sull’applicazione della fattispecie anche per i procedimenti in corso, seguendo il principio della retroattività della legge più favorevole.
Così infatti si è pronunciata anche la suprema corte con la Sentenza del 15 aprile 2015 n. 15449.

Sarete aggiornati su eventuali successivi sviluppi.